LA RISERVA OVARICA NELLA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA (PMA)

Le tendenze demografiche riguardo al momento della prima gravidanza sono cambiate: oggi sempre più donne desiderano concepire a un’ età più avanzata e meno fertile. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che la fertilità si riduce progressivamente con il passare degli anni. Ad oggi, non esistono indici totalmente riconosciuti che misurano il grado di fertilità; è invece possibile, grazie all’ecografia e a specifici esami ormonali, ottenere informazioni, con buona approssimazione, sulla riserva ovarica cioè il probabile stato di fertilità della donna e sulla previsione di risposta ai trattamenti farmacologici di stimolazione dell’ovulazione nella procreazione medicalmente assistita (PMA). Attualmente rivestono particolare importanza la conta dei follicoli antrali, la misurazione del volume delle ovaie, i livelli dell’ ormone follicolo stimolante (FSH) al 2 o 3 giorno del ciclo mestruale e il dosaggio dell’ ormone anti-Mulleriano (AMH). Il follicolo antrale è visibile all’ ecografia per cui la conta dei follicoli antrali è data appunto dalla somma dei follicoli di dimensioni comprese tra 2 e 10 mm di diametro visibili mediante un esame ecografico transvaginale effettuato nei giorni 3 e 7 del ciclo mestruale. Le donne con ridotta riserva ovarica o minor numero di follicoli antrali  (minore di 5 in totale nelle due ovaie) prima della stimolazione ovarica hanno una maggiore probabilità di scarsa risposta alla stimolazione ovarica. Resta da stabilire fino a che punto la conta dei follicoli antrali sia correlata alle misurazioni endocrinologiche della riserva ovarica (per esempio alla concentrazioni dell’ ormone FSH ed estradiolo al 2 o 3 giorno del ciclo). La valutazione del volume ovarico si basa sull’idea che esista una significativa correlazione tra il volume delle ovaie, misurato mediante ecografia bi- o tridimensionale, e la popolazione di follicoli primordiali in esse contenuti. Importante è anche prendere in considerazione i livelli basali del FSH, ossia quelli dosabili nei primissimi giorni del ciclo (in genere la valutazione viene eseguita al secondo, massimo terzo giorno del ciclo). Numerosi studi hanno cercato di definire i valori soglia per l’interpretazione di tale test. Nel complesso la maggior parte degli studi concordano nell’indicare 10 IU/L la soglia oltre la quale si evidenzia una chiara riduzione della riserva ovarica anche se, secondo alcuni, già valori al di sopra di 8 IU/L sono indicativi di una ridotta fecondità. Una delle maggiori limitazioni nell’impiego routinario del dosaggio di FSH basale ai fini della valutazione della riserva ovarica è però costituita dalla sua estrema variabilità  spesso tra un ciclo e l’ altro in quanto la secrezione di tale ormone può essere influenzata da vari aspetti. Sulla base di tali considerazioni attualmente tale dosaggio, seppur sempre largamente usato, viene considerato di utilità limitata quale test di screening per la valutazione della riserva ovarica e comunque necessita di una attenta interpretazione clinica in relazione anche al contesto della situazione. È stata dimostrata da una parte una relazione molto chiara tra riduzione del volume ovarico e della conta di follicoli antrali e dall’altra età avanzata associata all’aumento dell’ FSH. Nelle donne con insufficienza ovarica prematura le ovaie hanno il caratteristico aspetto postmenopausale: sono piccole e non mostrano segni di attività follicolare eccetto follicoli più piccoli di 1 mm attorno alla periferia della corticale. Il test diagnostico più innovativo per valutare la riserva ovarica è il dosaggio dell’ormone anti-Mulleriano (AMH) che viene prodotto dai follicoli antrali. I suoi livelli ematici sono indosabili alla nascita, crescono dopo la pubertà e si stabilizzano intorno ai 18/20 anni per poi iniziare a decrescere dopo i 32 anni a seguito della riduzione della riserva ovarica. A differenza del FSH che deve essere dosato nei primi giorni del ciclo mestruale, l’AMH può essere dosato in un qualsiasi momento del ciclo mestruale ed anche in donne che stanno utilizzando contraccettivi ormonali. Possiamo concludere dicendo che nessuno dei test da solo è in grado di valutare precisamente la fertilità di una donna; ognuno di essi va considerato ed interpretato sulla base della storia clinica della donna che li ha eseguiti al fine poi di personalizzare il più possibile la terapia per ottenere il massimo dei risultati.
Francesco Crescenzi

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