L'ADENOMIOSI CAUSA INFERILITA' NELLA DONNA?
L’adenomiosi è stata definita come l'invasione benigna di
endometrio nel miometrio (tonaca muscolare della parete uterina), che
provoca un diffuso ingrandimento dell’utero e al microscopio si
presenta come tante ghiandole endometriali circondate da tessuto
miometriale
L’adenomiosi
è stata definita come l'invasione benigna di endometrio nel
miometrio (tonaca muscolare della parete uterina), che provoca un
diffuso ingrandimento dell’utero e al microscopio si presenta come
tante ghiandole endometriali circondate da tessuto miometriale. La
causa è sconosciuta. Sono state avanzate due teorie per spiegare la
sua formazione. Secondo la prima teoria si verifica un’
invaginazione della mucosa endometriale che si espande tra i fasci di
fibre muscolari del miometrio (o lungo il suo sistema linfatico). La
seconda teoria ne propone l’origine da un processo proliferativo
che parte da tessuto endometriale ectopico che cioè si trova lì già
fuori dalla sua sede naturale.
È stato a lungo sospettato che la presenza di
adenomiosi possa provocare una condizione di infertilità. A
differenza dell’ endometriosi per la quale è stata provata un'
associazione con l'infertilità, la diagnosi di adenomiosi è stata,
fino a poco tempo fa, effettuata su campioni di tessuto dopo
l’asportazione dell'utero (isterectomia) nelle donne di trenta e
quarant’anni. Questa condizione ha reso impossibile valutare gli
effetti sulla fertilità nelle pazienti affette da adenomiosi. La
situazione è cambiata circa 25 anni fa, con l' identificazione
attraverso la risonanza magnetica (RM) di una nuova zona funzionale
uterina: la giunzione tra l'endometrio e il miometrio interno,
chiamata zona giunzionale uterina (JZ); essa nelle donne sane giovani
misura al massimo 5 mm di spessore, mentre in presenza di adenomiosi
appare più densa e più rappresentata. Sono stati eseguiti tentativi
di identificare sia la zona giunzionale uterina (JZ) sia la presenza
di adenomiosi mediante ecografia ( una tecnica diagnostica ormai
molto collaudata) usando una sezione detta “coronale” dell'utero
ottenuta attraverso l’ ecografia tridimensionale trans vaginale
(TVS). Oggi entrambe le tecniche possono essere utilizzate per un
accurata valutazione e misurazione della zona giunzionale uterina
(JZ) e delle sue alterazioni in presenza di adenomiosi, poiché hanno
buona sensibilità e specificità. In uno studio è stato dimostrato
che la presenza di cisti del miometrio rilevate con l’ecografia
pelvica transvaginale rappresenta la caratteristica più specifica
per una corretta diagnosi di adenomiosi, con una specificità del 98%
e una sensibilità del 78%. Come già sottolineato, l'avvento di
tecniche di imaging ad alta risoluzione ha completamente
rivoluzionato la nostra capacità di identificare la presenza di
forme anche lievi di adenomiosi e, quindi, di esplorare un possibile
collegamento con la sterilità. Anche se non esistono dati
epidemiologici certi, dati indiretti sono ora disponibili e
forniscono l’idea concreta di un' associazione tra adenomiosi e
infertilità. Già quindici anni fa, de Souza et al. in uno studio
hanno riportato un'incidenza del 54% di ispessimento della zona
giunzionale uterina (JZ) (un chiaro segno di adenomiosi) in donne
subfertili che lamentavano menorragia (eccessivo sanguinamento nel
corso del ciclo mestruale) e dismenorrea (mestruazione dolorosa).
L'età media di queste donne era di 34 anni e circa il 70% di loro
non avevano avuto gravidanze. Diversi studi a seguire hanno
confermato i primi lavori di de Souza e cioè che la malattia può
essere presente anche nelle donne giovani ed essere associata sia ad
endometriosi pelvica sia ad infertilità. Un'associazione tra le due
condizioni si è fatta anche grazie a segnalazioni di donne infertili
che avevano ottenuto la loro gravidanza dopo essere state trattate
per adenomiosi. Si può concludere dicendo che al momento non è
possibile dimostrare che l’adenomiosi causi certamente infertilità
perché non sono mai stati effettuati studi epidemiologici. Allo
stesso tempo, si spera che con l’ introduzione della risonanza
magnetica e, ancor più, dell’ecografia pelvica trans vaginale
tridimensionale (3D-TVS), la diagnosi e la raccolta dei dati mancanti
sia più agevole. Nonostante questa situazione insoddisfacente, lo
studio molecolare della malattia e la sua indagine clinica sono già
d’aiuto nel chiarire i punti che sembrano ancora oscuri.
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