Chirurgia dell'ovaio, come preservare la fertilità
L'intervento può danneggiare i follicoli. Ma le nuove tecniche riducono al minimo i danni
Il trattamento chirurgico migliore per curare le cisti ovariche è la rimozione laparoscopica.
La terapia chirurgica può essere di tipo conservativo o demolitivo in
base all’età della paziente e alla natura di queste cisti. Mentre la
terapia demolitiva, che deve essere più aggressiva specialmente quando
la malattia è tumorale, quella conservativa viene riservata a tutte le
donne in età fertile e che non abbiano terminato il loro ciclo
riproduttivo. Quest’ultima consiste nell’asportazione per via
laparoscopica delle cisti ovariche (cistectomia) lasciando in sede
l’ovaio residuo.
Come si pratica?
Il chirurgo inizia a mobilizzare dell’ovaio, poi esamina attentamente
l’interno della cisti dopo averla aperta e osserva anche il tessuto
ovarico in cui questa si trova. La cisti viene asportata dall’ovaio
mediante la tecnica di “stripping”, che consiste in
trazioni divergenti eseguite con pinze laparoscopiche atraumatiche che
afferrano contemporaneamente l’ovaio e la cisti. A volte nelle donne in
età fertile può capitare purtroppo di dover rimuovere tutto l’ovaio,
quando la cisti ha coinvolto completamente l’organo, conservando però
l’altro; si pratica cioè l’ooforectomia. Entrambi i tipi di intervento,
comunque, non incidono sulla fertilità futura, se la donna è ancora in
età riproduttiva. Il trattamento demolitivo, invece, viene riservato
alle pazienti in menopausa e consiste nell’annessiectomia (asportazione
della tuba e dell’ovaio).
Cisti ovariche in donne fertili. Sicuramente
i problemi più delicati riguardano il trattamento delle cisti ovariche
nelle donne in età fertile che desiderano una gravidanza. Il potenziale
riproduttivo della donna (chiamato riserva ovarica) risiede nel numero
di piccoli follicoli (follicoli antrali) presenti nell’ovaio.
L'intervento quindi deve danneggiare il meno possibile l’ovaio,
asportando meno follicoli antrali che sia possibile. Come si direbbe in
gergo militare, si tratta di limitare al massimo i danni collaterali.
Problemi chirurgici. A
questo proposito sono stati eseguiti molti studi sui potenziali effetti
negativi della chirurgia sulla riserva ovarica. L’entità del danno
dipende da molti fattori come per esempio la dimensione e la posizione
della cisti. Infatti, più piccola è la cisti, minore è la quantità di
tessuto ovarico sano che si perde con l’intervento. Anche la posizione
della cisti è fondamentale perché se localizzata alla periferia
dell’ovaio, il tessuto sano circostante ha follicoli che si trovano ad
uno stadio funzionale meno avanzato. Invece, se la cisti è localizzata
dove ci sono i vasi sanguigni dell’ovaio (ilo ovarico) intervenendo
chirurgicamente c’è il rischio sia di danneggiare i vasi che di dover
coagulare molto per arrestare l’emorragia. Il danno ai vasi può ridurre
l’afflusso di sangue a tutto l’ovaio e far soffrire i follicoli antrali
che potrebbero diminuire riducendo così la riserva ovarica. Inoltre, gli
strumenti per la coagulazione dei vasi che sanguinano possono
“bruciare” i follicoli intorno e dunque anche in questo caso far
diminuire il loro numero nell’organo.
Una nuova tecnica, lo stripping. Le
tecniche di vaporizzazione, di drenaggio (asportazione del contenuto
interno) della cisti e poi di coagulazione della stessa sono state
abbandonate in favore della tecnica dello stripping. Una volta drenata
la cisti cioè, la sua capsula viene letteralmente strappata in modo da
portare via meno tessuto sano circostante coagulando il meno possibile.
Questa è senza dubbio la tecnica più appropriata anche perché una volta
tolta la cisti il rischio di ricomparsa di quest’ultima nello quello
stesso punto è molto improbabile al contrario delle tecniche
precedentemente utilizzate. Si pensi ad esempio alle cisti
endometriosiche.
La pinza laparoscopica. Tuttavia,
nonostante lo stripping, spesso un po’ di coagulazione si deve pur
sempre eseguire e per questo allo scopo di ridurre al minimo il rischio
di danneggiare l’ovaio si utilizza una pinza laparoscopica detta
bipolare. È uno strumento particolare per afferrare i tessuti. Viene
collegato ad un apparecchio elettrico e che possiede 2 branche, che sono
2 elettrodi attivi separati. Con questo strumento il passaggio di
corrente si limita all'area di tessuto compresa tra le due branche o
elettrodi. Inoltre, non vi sono correnti vaganti attraverso il corpo del
paziente e questo ha come effetto la riduzione del rischio d'incidenti
caratterizzati dagli effetti termici a distanza. In questo modo,
coagulando direttamente sull’ovaio si riesce ad essere molto precisi e
danneggiare pochissimo tessuto ovarico rispettando perciò la riserva
ovarica della donna. L'effetto della corrente bipolare sul tessuto
ovarico si esplica nella coagulazione delle proteine e nella
disidratazione del tessuto compreso tra le due branche. L'effetto
termico della coagulazione è ben controllabile perché il chirurgo
osserva proprio il cambiamento di colore del tessuto dove si esercita
l'azione elettrotermica. La coagulazione è più stabile che con la
corrente monopolare, perché con la pinza bipolare, nel punto d'azione,
difficilmente si forma l'escara (area di necrosi per disidrazione e
carbonizzazione del tessuto). A tutti i medici chirurghi è tristemente
noto che ogni escara si può staccare a distanza di tempo e far ripartire
l'emorragia.
A volte si deve
interrompere il flusso di sangue in un vaso e tagliare poi quest’ultimo.
La pinza bipolare, per le caratteristiche di frequenza, intensità e
forma d'onda della corrente che l'attraversa, non seziona il tessuto,
dopo l'azione di coagulazione. Perciò se è necessario sezionare
successivamente il vaso, ormai non più percorso dal sangue, bisogna
usare una forbice. La procedura emostatica in chirurgia mini invasiva
diventa pertanto più lenta e laboriosa ma molto più sicura di quella che
avrebbe potuto essere se effettuata con una pinza monopolare, che è
capace anche di tagliare.
Un ulteriore
perfezionamento delle pinze bipolari per rispettare al massimo il
tessuto ovarico con la sua riserva ovarica è il cosiddetto Biclamp che
descriveremo nei dettagli in un successivo articolo affinché si
conoscano gli avanzamenti tecnologici intervenuti recentemente. L’
obiettivo di proteggere la riserva ovarica diventa importante per
consentire una risposta ottimale dell’ovaio alla stimolazione quando si
debba eventualmente ricorrere a tecniche di Fecondazione assistita come
la Fivet o la ICSI.
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